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Secondo Severino Cesari, il ventesimo secolo in Italia si conclude «not with a whisper but with a bang».

L’allusione del critico è alla letteratura, riferendosi in particolare al fenomeno dei “giovani cannibali”, alla cui nascita egli stesso contribuisce. È il 1996 infatti, quando, per la collana Stile libero di Einaudi, diretta dallo stesso Cesari e da Repetti, esce La prima antologia dell’orrore estremo: Gioventù Cannibale, a cura di Daniele Brolli.

 

L’antologia ha un successo clamoroso (quindicimila copie in due settimane dalla pubblicazione) che si fonda sostanzialmente su tre punti: un precedente panorama letterario desertico, la novità della scrittura e il pubblico a cui ci si rivolge. I modelli di riferimento di questa nuova narrativa possono essere rintracciati al di fuori del panorama della letteratura italiana (eccezion fatta per Tondelli); i cannibali infatti guardano alla narrativa d’oltreoceano, soprattutto quella di genere, attingendo temi e stili da generi quali l’horror, il fantasy, il noir, l’hard boiled, lo splatter punk e il cyber punk, strizzando l’occhio al cinema di Tarantino e ispirandosi ai romanzi di Bukowski. Con la Gioventù cannibale, insomma, la narrativa italiana entra a pieno titolo nel fenomeno pulp, mettendo in discussione il concetto stesso di narrativa; forzando i confini del genere tradizionalmente inteso; estrapolando situazioni tipiche e collocandole in un contesto inusuale; creando effetti stranianti e offrendo nuovo respiro alla scrittura.

 

Tenetevi forte insomma perché i cannibali “Sono arrivati. ORA sono tra noi. Dopo lo choc iniziale abbiamo imparato a conoscerli, a frequentarli, a amarli. Attraverso di loro prendiamo un po’ alla volta CONTATTO con le cose che ci circondano, siamo di nuovo in grado di leggere la realtà che viviamo ogni giorno, diventata da troppo tempo opaca, irriconoscibile ai nostri occhi appannati. L’ATTESA è stata lunga ma non inutile.” (Nanni Balestrini, Introduzione, in «La Bestia»)

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